Vocaboli caratteristici del dialetto rocchese (dalla A alla D)
Dialetto di Rocca Imperiale (CS)
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  Vocaboli caratteristici (A - D)

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A

  • "abbabbà" (confondersi, astrarsi, incantarsi) è traslato da βαβάξω (balbetto);
  • "abbintà, abbint’" (oziare, riposarsi) è provenzale. In latino ADVENTARE significava anche ‘arrivare al momento di riposo’.
  • "abbragà" (divenir rauco), si formò da βράγχος (raucedine);
  • “ačč” (sedano), scade da APIUM, APPIUM;
  • "adaccià" (lardellare). ACCIATUS era un grande e acuto coltello 13 ;
  • "àff’k’" (odore o sapore cattivo), da όφφικίζω (essere osco, sapere di osco) 14 ;
  • "agguattà" (nascondersi e spiare). In latino COACTU(M) significa ‘raccolto; nascosto; compresso’; nell’antico francese si ha ‘aguatter’ (guetter: spiare);
  • "allappà" (indica l’effetto dei cibi acidi e alcalini sul palato); da LAPATUM, lapato (erba);
  • "alluccà" (gridare), da λοχεύω (partorisco), perciò, gridare come chi partorisce;
  • "ammasunà" (andare a dormire, appollaiarsi), si dice propriamente delle galline, quando si ritirano al pollaio per riposare, proviene dall’esortazione ‘à la maison’ = "all’ammasun", che si rivolge agli animali da cortile per indurli a rientrare nell’apposito ricovero;
  • "ammassà" (impastare) da μάσσω (impastare);
  • "ammuccià" (nascondere cambiando di posto) è il verbo MUTO + la proclitica AD, nella forma popolare MUTEO, MUTIO;
  • "andràc’r’, ndrac’r’" (pustola carbonchiosa) da άνδραξ (ulcera);
  • "annasulià" (origliare, ascoltare), deve essersi formato per analogia dell’italiano ‘origliare’, da ‘naso’, nel senso di ‘ficcare inopportunamente il naso’ nei fatti altrui;
  • “annizzà” (incominciare) corruzione di ‘iniziare’. La “a” deriva dalla forma “eğğ’ a’ nnizzà”
  • "ant’" (impalcatura): il latino aveva ANTERIS (trave di sostegno) e ANTES, ma questo anche con significato differente 15 ;
  • "arragà" (azzuffarsi, rissare), da ρήγνυμι (spezzare, abbattere);
  • "arrasà" (avvicinare), da αρασσείν (urtare con rumore, scagliare);
  • "arrassà" (allontanare), da αρασσείν (urtare con rumore, scagliare);
  • "arravulà" (sbalzare, sobbalzare), dicesi solamente delle cose; proviene da REVOLARE ‘volare di nuovo’;
  • "attrup’cà" (inciampare), da τρύπτικω (piegarsi, rompersi);
  • "audè" (grida il bifolco al bue), è l’imperativo del latino volgare AUDE (ascolta) e, quindi, ubbidisci. Si noti che alcuni verbi della quarta avevano anche forma in ĚRE nella decadenza.

B

  • "bua - buv’" (piccola ferita o piaga) è sanscrito; però i latini lo usavano con significato diverso 16 .
  • "bif’r’" (agnello nato tardivamente, perché la madre si è coperta due volte nello stesso anno). Dal latino BIFERUS (che porta due volte).
  • "buffett’" (tavola da pranzo), dal francese ‘ buffet ‘.

C

  • "cakk’v’" (caldaia per coagulare il latte). È il greco κάκκαβος o il latino CACABUM (recipiente per cuocere le vivande 17 ).
  • "càfòn’" (zotico, cafone). Le CULPONIAE erano calzari rustici ferrati, donde, per metatesi, si ebbe CLAPONUS (suola di ferro), che fu usato in senso metaforico, così come oggi si suole dire "a tačč’” dalle scarpe con suole ricoperte di chiodi speciali (“tačč”).
  • “caĺàng’” (frana, burrone, calanco) dal greco φάραγς – φαραγγος (burrone).
  • “camastr’” (catena di ferro per sospendere recipienti sul fuoco), dal greco κρεμάστρα (arnese per appendere).
  • "caniĝĝj" (crusca) da CANICAE (la semola).
  • "cannarut’" (goloso) dal latino CANNA GUTTURIS (trachea o esofago); in italiano ‘canna’, usata da Dante 18 , onde anche l’accrescitivo dialettale "cannòn’" (gola capace).
  • “canżìrr" (mulo castrato). I latini dicevano CANTHERIUS 19 .
  • "capän’" (mantello); persiano ‘kaba’ ; spagnolo ‘gabàn’.
  • "capisciòl’ - capiscioĺ’" (nastro di cotone; trine), CAPITIUM (diminutivo CAPITIOLUM) indumento con cui le donne coprivano il capo o il petto 20 .
  • "caratt’l’ o garatt’l’" (erbacce), dal sumerico ‘garash’ (paglia) 21 ; francese ‘garance’, pianta o erba delle rubiacee (per lo più dei climi caldi) dalle cui radici si estraeva la tintura per colorare i calzoni della fanteria francese.
  • "carrar’" (viottolo appena praticabile); in greco χαραδρα significava ‘burrone’, da Erodoto e Tucidide era già usata col significato di ‘strada affossata o passaggio angusto’.
  • "carusá - carús’" (tosare – tosatura) dal greco κυριζω (io toso).
  • "cascìaĺ’” (mascella), svolgimento dal catalano ‘caixal’.
  • "catùs’" (tubo per la condotta dell’acqua) dal greco κάθυδοσ (pieno d’acqua).
  • "catùj’" (magazzino: stanza a pian terreno); nella Grecia antica, κατ’ όικον era la casa e, con maggior proprietà, l’ambiente terreno d’entrata. Si formò da κατά (sotto) e οίκος (casa).
  • "catacùmm’" (nano) dal greco κατά (sotto) e κυμβιον o κύμβος : vaso di terra cotta con bocca assai larga della grandezza di un piccolo tino (latino CUPA). Il nome composto voleva significare che il nano per le sue proporzioni poteva essere contenuto o stare sotto una CUPA.
  • "catarràtt’" (botola), dal greco καταρράκτος (ribalta; saracinesca).
  • "cattiv’" (vedova; vedovo) da CAPTIVA (prigioniera), il sostantivo assunse l’attuale significato per l’uso osservato dalle vedove di tenersi chiuse in casa dopo la morte del marito.
  • "ces’ - cesa" (cicatrice), da CAEDO (taglio): CAESA (tagliata).
  • "cisìn’" (Cesine, contrada locale). Sempre da CAEDO per indicare un terreno disboscato di fresco.
  • "kjang" (piastra; macelleria; beccheria) è commistione di πλάξ – πλαξακός (piastra o tavola di pietra) e LA(N)XS latino, di uguale significato. Lo scadimento PL in kj è normale. Accanto a questa forma vi è anche "plak’" usata specialmente al plurale: "i plak’" (lastre di pietra).
  • "chir’ - chir’ o chirì – chirì" (voce usata per chiamare i maiali) dal greco χοτρος (porco).
  • "cikk’ – cikk’" (voce usata per chiamare i maiali) da CICCUM (pellicola che, nella melagrana, separa i granelli ; bucce 22 ).
  • "cìbbia" (vasca). Potrebbe essere corruzione in senso estensivo di ‘civaia o cibaia’ (truogolo); più probabilmente deriva dall’arabo ‘gābiya’ (vasca d’acqua).
  • "cintròn" (grosso chiodo) dal greco κέντρον (pungiglione; pungolo; punta).
  • "cirivàn’" (pietra; nome di uno scoglio del mare di Rocca). CERVARIA chiamavano i romani la pecora che veniva immolata invece di una cerva 23 .
  • "cirr’" (ciocca di capelli), da CIRRUS (cima; ciuffo; frangia).
  • "ciùt’" (sciocco; stupido; pazzerello). In russo ‘chout’ significa ‘buffone’.
  • "cop’n’" (scodella) da CUPULA (piccolo vaso largo e panciuto per liquidi).
  • "craj" (domani) dal latino CRAS. "piscraj" (poidomani) da BIS CRAS; "piscrill" (poidomani l’altro) da BIS CRAS ILLE. I giorni successivi si indicano con: “piscruzz’ĺ” (il secondo giorno dopo posdomani) e “piscataruzz’ĺ” (il terzo giorno dopo posdomani).
  • "crisp’" (fritto di farina a forma di anello, che si fa a Natale); è nome normanno 24 .
  • "crivusill’" (nome di contrada; è diventato sinonimo di ‘cimitero’ ) diminutivo di CLIVUS (altura; colle) o CLIVOSUM (via flessuosa) 25 . In alcuni paesi della Calabria viene usato ‘cruvucare; crivicare e curvicare’ col significato di seppellire.
  • "crup’n’" (stallatico) dal greco κόπρος (letame) 26 .
  • "cummar’" (comare) da CUMERA (vaso coperto, portato il dì delle nozze); il nome passò a chi lo recava 27 . Tardo latino COMMATER, composto di CUM e MATER: implicava rapporto di reciprocità tra la madrina e la madre del fanciullo.
  • "cun’l’ o con’l’" (culla) dal latino CUN(U)LA.
  • "cutrubb’" (vaso panciuto di terra cotta, piuttosto malandato). È composto di χύτρα (pentola) + OBBA (specie di bicchiere o vaso potatorio), quindi: una pentola ridotta a bicchiere, rotta.
  • “cuzzitt’” (regione medio-alta della nuca, fin sotto l’occipite) dal greco κοτίς - κοτιδος (testa).

D

  • "dicignat’" (sciatto; discinto). Dal latino DIS CINGERE (senza cintura); francese ‘rechigné’.
  • "dìrrupà" (precipitare; abbattere). Spagnuolo ‘derrìbar’ (demolire; gettare per terra).
  • "divrìcà" (seppellire). In latino COOPRICARE e COOPERIRE (coprire da ogni parte; ricoprire). In spagnolo ‘debrocar’, ‘ammalarsi’, che qui è passato ad indicare la morte e il seppellimento.
  • "duciòr’" (dolciore; dolcezza). Provenzale: dolchor 28 .

 

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