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Indicativo presente - Eventuali sonore palatali che si trovino all’infinito presente passano nel tema dell’indicativo e restano negli altri modi. Anche la "r" di ‘morire’ resta in questo tempo: "mùr’" (muoio). Molti verbi della quarta latina hanno tema in "iš" FINIRE "finiš"; PENTIRE "pént’" e "pentìš" (pentire e pentirsi). Il composto di DORMIRE (addormentare - addormentarsi) fa "addurmìš" Le forme DO, VADO (VO), STO hanno i corrispettivi in "dâĝ’ , vâĝ’, stâĝ" FO, SO, HO suonano "fazz’, sačč’, ġağğ’" L’iato nelle forme composte si evita sempre e così pure l’incontro di due consonanti quando la prima sia finale del verbo antecedente e l’altra iniziale del seguente. In tal caso è una ‘a’ che si aggiunge; negli altri casi l’incontro delle due consonanti rimane più frequentemente invariato, perché è il risultato del’aspirazione di una vocale. Esempio: SARÒ "äğğa jess"; SARÀ "èdd a jess" ; MI SONO ALZATO "m’äğğ’ ġàvizàt’". La ‘t’ originaria della terza persona singolare sonorizza in "d": DICIT "dic’d’" (dice). ANDARE, tranne che nella prima e nella seconda persona singolare, è sostituito da "ire". ESCIO (esco) e POSSUM (posso) fanno "jiss’" e "pozz’" I verbi, il cui tema ebbe svolgimento in ‘gli’ da LEO, pare che fino a qualche tempo fa uscissero in "ĝo" anzichè in "ĝj": VOLEO "voĝĝ’ - voĝĝj" (voglio). L’accento si sposta in CREDIMUS "cridìm’" , DICIMUS "dicìm’" , FACIMUS "facìm’" La terza plurale dell’indicativo presente di POTERE fa "pōn’" (da ‘ponno’) e di DARE fa "dân’" (da ‘danunt ) 12 . Futuro. Nella terza persona la "d" che compare tra l’ausiliare e il verbo non deriva da ‘da’, come potrebbe supporsi dalla presenza di ‘a’, ma appartiene alla normale coniugazione e alla forma secondaria di "ha" = "jèd’" Imperfetto. La prima persona è svolgimento dell’antica desinenza "ea – ia", usata ora solo in poesia, meno che per i verbi della prima coniugazione, e naturalmente la terza plurale ha la stessa origine: ‘ facevano, faceano, facìano ‘ diventano "facìn’". La prima plurale è trasportata al passato remoto: ‘mangiavamo‘ "mangiamm’"; ‘andavamo ‘ " jimm’ ". ERAMUS ha spostato l’accento "jér’m’" (eravamo). Passato remoto. Aggiunge sempre una "v" per analogia dei perfetti in VI: HABUI(VI) "äppiv’" (io ebbi). La prima plurale raddoppia la ‘m‘ originaria HABUIMUS diventa "äppìmm’" A questo tempo, però, si preferisce ordinariamente il passato prossimo. Congiuntivo. Il presente è scomparso. L’imperfetto latino ha valore di condizionale presente; il piuccheperfetto ha valore di imperfetto. Participio passato. ‘ato – ito – uto’ sono diventati "at’ - it’ – ut’" La seconda e terza coniugazione usurparono spesso ‘uto’ ‘pentito’ diventa "pentut’" , ‘ferito’ diventa "f’rut’" , ‘patito’ diventa "patut’" , ‘vestito’ diventa "v’stut’". ‘Messo’ fa "mìs’" , ‘detto’ fa "dìtt" , ‘piovuto’ fa "kiùpp’t’". Infinito presente. Perde costantemente la ‘re’ desinenziale, conservando l’accento. L'accento, però, viene spostato in ‘pentire’ ("pènt" ed in altri verbi che ebbero, accanto ad ‘ire’, anche una forma in ‘ĕre‘.
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