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Dialetto di Rocca Imperiale (CS)
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  Conclusione

È superfluo far osservare che la prevalenza di voci romanze e la struttura intrinseca di tutta la grammatica, nel gruppo dei dialetti esaminati denotano una diretta filiazione dalla lingua latina. Ma come si spiegano l’abbondanza di termini greci, di cui non abbiamo dato che un saggio, e la presenza di suoni speciali?

La dominazione bizantina di breve durata e non risentita in luoghi di scarsa importanza, non potè certo dare un apporto così imponente, del pari che le dominazioni successive. Si deve quindi, e la storia lo conferma, pensare ad altre cause.

Decaduta la Magna Grecia, le popolazioni elleniche che l’abitavano si ritirarono sui monti, seguitando a mantenere il proprio idioma, che era già un misto di ionico e di dorico per la commistione avvenuta prima della seconda distruzione di Sibari 60 , di modo che i coloni romani del primo secolo dell’era volgare non fecero che assorbire i nuclei etnici preesistemti, senza per altro riuscire a soppiantarne del tutto la lingua.

D’altronde, all’arrivo dei greci, la zona litorale del seno tarantino non era disabitata. Vi si erano spinti, e probabilmente stabiliti, i Cretesi attorno al tremila avanti Cristo. Questi forse vi avevano trovato gli Iberi, di cui un ramo fu quello dei Siculi. Vennero poi i Coni, gli Illirici della Japigia, verosimilmente i Galli delle coste adriatiche (che si erano inoltrati nelle Puglie) e in tempi recenti - sempre relativamente parlando - gli Osci e i Sabelli (Lucani). Il Pais propende a credere che anche i Reggini stabilissero delle colonie nella Siritide 61 .

Comunque si siano svolte le cose, è certo però che non possono non colpirci alcune concomitanze linguistiche, che pur non essendo sufficienti a costituire prove irrefutabili, rappresentano preziosi indizi. Si sa, per esempio, che le antichissime tribù di razza iberica si nutrivano di ghiande, e il costume dovette durare a lungo, se qui ai mandriani rimase il nome di βάλανος (ghianda); può darsi quindi che i primi greci lo dessero ai Siculi trovati in Enotria. L’aspirazione delle vocali iniziali si riscontra anche in Ispagna; per cui Isidoro scriveva ‘gagates’ per ‘agates’ 62 . La ‘l’ che volge in ‘ġ’ in Nocara e altrove non era ignota in Toscana ai tempi di Dante 63 , e il dominio della ‘ä’ si estende dall’Engadina al Piemonte, Emilia, Romagna, Abruzzo, Campania meridionale sui monti fino a noi; mentre il rotacismo della ‘l’ di Nova Siri – Rotondella è caratteristica Retica e la caduta delle postoniche atone delle vocali finali è pugliese, sebbene non in modo esclusivo.

Questi fonemi, secondo le concezioni moderne, indicherebbero un fondo primitivo razziale e il successivo sovrapporsi d’influssi esteriori. Ma anche la ‘ĺ’ velaria è latina, e i coloni in stato di appartamento nelle campagne, dovettero conservarla in modo assai netto fino alla fondazione del paese. Concludendo possiamo dire che - a parte i diversi influssi di minore importanza, nonché l’affinità del vocalismo attuale con quello siciliano - il nostro dialetto rappresenta la fusione di tre correnti principali: quella dei Siculi, dei Greci e dei Latini, le quali lasciarono naturalmente tracce inversamente proporzionali alla loro antichità.

 

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